Clan Zorzetto – Route 11 – 18 Agosto 2018

     1° giorno – Sabato 11/08/2018

  • Partenza da Mestre alle ore 7.50, arrivo ad Aosta alle 13.35 circa
  • Dislivello: + 243 / – 0
  • Ore di cammino: 0.35 – Km: 3,1

Arriviamo ad Aosta (570 mlsm) accolti dall’imponenza del Monte Emilius (3.557). Scendiamo dal treno e ci accorgiamo che il caldo si sente molto anche qui (senza considerare quel maledetto vagone di seconda classe con l’aria condizionata rotta!).

Ci mettiamo alla ricerca di un supermarket per fare le spese di pattuglia (3 cene, 3 colazioni) e comunitarie x 2 pranzi. Troviamo refrigerio all’ombra di alcuni alberi e sperimentiamo l’accoglienza valdostana quando il gestore di un bar ci regala delle brioche da condividere.

Ci muoviamo per le via centrale per andare a prendere il bus per Rhemes Notre Dame (1.722), ma, sarà per il caldo o non si sa bene come mai.. fatto sta che Anna P si ritrova con gli scarponi… senza suole. Comincia la frenetica ricerca di un negozio adatto e Anna G contribuisce all’acquisto: prima strisciata pos. Facciamo comunque in tempo a prendere l’ultimo bus x la prima meta.

Arriviamo a destinazione alle 18.30 circa , da li, a piedi fino all’alpeggio di Pian Folliez 1.965 mslm.

Ad attenderci (oltre ai sacerdoti) uno sciame di zanzare geneticamente modificate (non so se vi sembra normale trovare zanzare a 2.000 mslm).

Cena per pattuglie; alla pattuglia ‘disagio’ (termine coniato da Erika, membro della pattuglia assieme a Giovanni e Margherita) prende fuoco il fornello, Gioele prontamente doma l’incendio. Un manipolo di valorosi monta 3 tende… alla fine, i men in tenda mentre quasi tutte le ladies dormono dentro l’alpeggio. Fanno eccezione Anna P, Mariangela e Maddalena. La più audace è Maddalena che improvvisa un’inedita combinazione tecnico-tattica per sopperire alla non proprio appropriata scelta dei materiali da campo. Per lavarci una doccia calda ed una fontana “fresca”. C’è molta legna ed un punto fuoco. Accendiamo un falò ed il caldo stempera la frescura.

Lasciamo calare lentamente le fiamme mentre cala la ‘notte della mafia’.. la totale assenza di inquinamento luminoso, l’aria tersa e l’altitudine ci regalano uno spettacolo mozzafiato… una stellata strabiliante dove riusciamo a scorgere anche la via lattea e un bel po’ di stelle cadenti.. esprimiamo i nostri desideri e dopo aver cantato ci corichiamo. La notte è fresca, ma la stanchezza ha il sopravvento.

 

Domenica 12/08/2018

  • Da Pian Folliez (1.965) a Pont (1.793)e a Creton (1.595) via Col d’Entrelor (3002)
  • Dislivello: + 1.209 / – 1.579
  • Ore di cammino: 7.30 – Km: 16,2

Sveglia ore 6.00, colazione, pulizie e sistemazione tende… alla fine zaino in spalla alle ore 9.25, possiamo fare di meglio!

Ad accompagnarci sul primo tratto di sentiero… una volpe, ci scruta tranquilla e continua per la sua strada; forse è proprio la stessa volpe che ieri sera Giovanni, Massimiliano e Riccardo hanno visto. Scendiamo al Lac (lago) de Pellaud, romantico, da cartolina e poi cominciamo la salita.

Le valli Aostane sono molto simili tra loro ed essendo di origine glaciale hanno tutte la caratteristica di salire molto ripidamente. Camminiamo fino ad poco prima di Entrelor; facciamo sosta di fronte ad una croce e facciamo apertura mentre sgranocchiamo un po’ di frutta secca.

Da qui imbocchiamo e percorriamo tutto il vallone d’Entrelor… tempo per una foto a plan de Feye (2.393) e poi sosta pre-pranzo a 2.700 circa. Frutta secca e cioccolata.

Linda si mette in luce restando costantemente tra gli apripista (oggi e durante tutta la settimana!!) e sospettiamo subito che si stia avvalendo dell’ausilio di qualcosa di proibito; nega. Solo l’antidoping ci potrebbe effettivamente dare conferma se tutta questa energia sia ‘farina del suo sacco’, noi apprezziamo.. stupiti e piacevolmente sorpresi.

Arriviamo al Col d’Entrelor (3.002) dopo aver superato un ultimo tratto davvero impervio e impegnativo. Camminiamo su un terreno dissestato di sola ghiaia e pietrame, notiamo le tracce di una recente caduta di materiale lapideo e ci appoggiamo a degli appigli artificiali. Usiamo le corde fisse per superare l’ultima ripida diagonale.

Arriviamo esausti e pronti a rifocillarci coi panini. Finalmente si mangia!

Qualche stambecco da fotografare (chiedere ad Anna P) e poi una massacrante discesa fino a Creton passando per i lac Noir, Djouan e Desot e costeggiando una delle numerosissime case di caccia del Re (ma quanto cacciava?).

Sosta acqua alla malga Djouan e poi discesa passando davanti al guardiaparchi (“… ma lo sapete che qui non potete piantare le tende..?” ancora???). La discesa sembra non finire mai… primi cenni di squilibrio mentale da parte di qualche maschietto. Silvia, Andrea e Margerita uccidono il tempo con una nuova versione di canto polifonico. I primi arrivano verso le 20.00 con qualche vescica e le ginocchia dolenti. Le spalle si lamentano ma le sorprese non sono finite.. Linda ci mostra gli scarponi… la suola si è polverizzata. Margherita ha perso il materassino… Ad attenderci la casa alpina ‘S.Paolo’ di una parrocchia di Biella. Doccia, 4 lavatrici e cena… poi… nanna presto per recuperare le energie.

 Lunedì 13/08/2018

Giornata uggiosa con qualche piccolo scroscio. Anna G e Linda sono partite presto per prendere il bus che le porterà a Villeneuve a cercare gli scarponi ed altro materiale: seconda strisciata pos. Il resto della truppa si appresta a vivere una bella giornata comunitaria. C’è chi va a prendere il cibo (il minimarket del camping, unico in tutta la valle, applicava prezzi da ‘FURTIVENDOLO’), chi cucina, chi canta, chi gioca a calcetto, chi pulisce… Luca e Mariangela preparano una deliziosa pasta col sugo al tonno, troviamo anche le forze per preparare 2 torte per la colazione del giorno successivo. Per cena riso (integrale e duro..) in brodo di verdure, hamburger alle erbette (Anna G masterchef) e verdure lessate… Affrontiamo la prima parte del punto della strada… Alla sera festa e poi a nanna che l’indomani ci aspetta la tappa “monstre”.

 

Martedì 14/08/2018

  • Da Creton (1.595) al Rifugio Sella (2.584) via Col Loson (3.299)
  • Dislivello: + 1.704 / – 715
  • Ore di cammino: 7.20 – Km: 19,0

Sveglia ore 6.00; oggi ci sarà da fare parecchia fatica, ne siamo consapevoli e sotto sotto siamo pronti alla sfida. Partiamo verso le 7.30 dopo un’abbondante colazione (coi dolci alla ricotta e la tenerina al cioccolato) e con un cielo splendido. Passata la località di Eaux-Rousses (rinomata per le particolari alghe che colorano l’acqua di rosso…) iniziamo la salita inoltrandoci in un bosco costellato di cartelli informativi relativi alla vita degli stambecchi.

Facciamo sosta a Levionaz inferiore (2.289) vicino alla casetta del guardia parchi seduti su degli scranni ricavati da tronchi d’albero.

Da li si ammira bene il vallone percorso 2 giorni prima con la sua massacrante discesa.

Inizia il gioco del ‘ciclo della vita’. Ripartiamo percorrendo il vallone omonimo (di Levionanz) che comincia dolcemente; Riccardo evidenzia i primi segni di compromissione strutturale dei suoi scarponi… speriamo bene e continuiamo. Attraversiamo diversi ruscelli e notiamo che qui l’acqua… di certo non manca.

A 2.700 mt circa ci fermiamo per rinfrancare le energie e bere un po’ d’acqua direttamente da una fonte.

La giornata è bella, ma in cima c’è sempre una nuvoletta poco promettente. Via via che si sale il vento aumenta e la temperatura diminuisce: è il momento di coprirsi. Inizia il tratto più brutto… non ci accompagnano più gli stambecchi ma solo qualche fanatico del trail running (corsa in montagna) che ci sorpassa velocemente.

Arriviamo finalmente in cima al Col Loson, la cima Coppi del nostro tour, dopo una salita di 1.700 metri e possiamo dare sfogo alle nostre emozioni; Margherita si scioglie in un pianto liberatorio che fa inumidire gli occhi di molti. Ci abbracciamo, in un silenzio che vale più di mille parole.

Ora possiamo dare sfogo anche… al nostro appetito. La pattuglia disagio sfodera una improbabile ‘paella’ a 3.300… mah.. gli altri si accontentano di panini e scatolette simil insalatissime di sottomarca… col risultato di un rimestamento di cipolline continuo…

Stanchi ma soddisfattissimi procediamo alle foto di rito… il paesaggio da quassù e qualcosa di incredibile e difficilmente descrivibile; si vede benissimo il Col de l’Entrelor.

Ripartiamo per andare al rifugio Sella… da qui è tutta discesa.. lo scorgiamo, eccolo… sembra dietro l’angolo eppure… non si arriva mai. Arriviamo alla spicciolata verso le 18.45 dopo aver fatto un po’ di foto alle marmotte.

Tempo di farci dare lo stanzone (dove dormiremo tutti assieme) e ci troviamo di fronte ad una difficile scelta. Lavarci a pezzi con acqua gelida o pagare per le docce calde? Optiamo per la seconda scelta con la variante “doccia di gruppo”. I primi (Alvise e Riccardo) la fanno comunque fredda (all’anima dei tubi che ci mettono troppo a far arrivare l’acqua calda…). Ceniamo all’aperto mentre la temperatura sta calando rapidamente e apprendiamo del disastro di Genova. La serata la passiamo in camera dove Anna G e Giovanni (emulati da molti altri) fanno sfoggio delle loro arti del massaggio. I primi si addormentano velocemente via via tutti gli altri… resta epica la chiacchierata “nottambula” di 4/5 ragazzi che riescono ad imbastire un discorso tra loro… dormendo.

 

Mercoledì 15/08/2018

  • Dal Sella (2.584) a Cogne (1.540)
  • Dislivello: + 0 / – 1.044 per il fiume + 62 / – 62
  • Ore di cammino: 2.25 – Km: 8,0 per il fiume Ore di cammino: 1.00 – Km: 4,4

E’ ferragosto… oggi sarà tutta discesa ed abbiamo voglia di fare festa… Stiamo già pregustando l’arrivo al campeggio e una fantomatica grigliata ‘slava’. La sveglia è alle 7.30, la giornata bellissima… occasione per un saluto al sole per sgranchirci le ossa…

Riguardiamo dove eravamo ieri, partiamo e notiamo subito che da questo versante del monte (siamo sotto la Grivola 3.965 m) nel vallone di Loson ci sono un sacco di escursionisti… veramente tanti, al contrario delle due tappe precedenti. Alla nostra destra si vede il ghiacciaio del Gran Paradiso e poi, tutto d’un tratto… un gregge… ci sono un sacco di pecore, ma, meraviglia, in mezzo a loro un sacco di stambecchi.

E’ emozionante assistere allo scontro tra 2 maschi che non se le mandano a dire e incrociano le loro corna assestandosi roboanti testate. Fa impressione essere a 150 metri da loro e sentire rimbombare il suono delle teste che si scontrano.

Ci si asciuga la saliva a forza di salutare le persone che salgono. Arriviamo a Valnontey (1.667) ed approfittiamo per chiamare il campeggio dove dovremo pernottare. Amara sorpresa… tutto pieno, li e negli altri 3 campeggi vicini a Cogne. Siamo in braghe di tela. E’ ferragosto e siamo… a piedi… in tutti i sensi. Ma la guida e lo scout non si perdono d’animo. Ne scaturisce un piano ‘B’.

Dopo 2 tentativi a vuoto arriviamo in centro e ci dividiamo a squadre; Franci e Linda si muovono in direzione municipio, Luca e Vale in direzione chiesa. Bingo, tornano tutti vincitori… abbiamo addirittura trovato 2 posti dove poter pernottare. Una casa di suore e la palestra comunale. Scegliamo per la prima pensando di essere ospiti (piccolo problema… fraintendimento) e la spuntiamo con una offerta libera dopo un estenuante corpo a corpo con la madre superiora (un rottweiler in abito bianco).

Abbiamo il posto ma nulla per mangiare; a salvarci una pizzeria da asporto la cui cameriera strabuzza gli occhi esterrefatta alla insolita richiesta di 18 margherite da portare via. Con faccia tosta chiediamo uno sconto per famiglia numerosa e otteniamo un piccolo benefit.

Verso le 16.00 possiamo fare le spese per pattuglia e soprattutto comprare altri 2 paia di scarponi… oltre a quelli di Riccardo ci hanno lasciato ‘a piedi’ anche quelli della Silvia: terza e quarta strisciata pos.

Ci resta una buona parte del pomeriggio per visitare le cascate di Lillaz. Ma mentre camminiamo per raggiungerle (il look era più simile ad quello di un turista tedesco a Jesolo che a quello di un valdostano…) ci rendiamo conto che non sono esattamente a 5 minuti di strada. Deviamo su un prato che costeggia il torrente d’Urtier e troviamo una buca dove poter dare dimostrazione della nostra resistenza alla crioterapia… siamo pur sempre a quasi 1.600 m e l’acqua del torrente.. si ecco… non è proprio calda…
Ne scaturiscono bagno di ferragosto e cure a base di fanghi. Asya dimostra la sua resistenza al freddo vincendo la gara di “chi vuol essere un surgelato?”

Rigenerati (e con un vago aroma di ‘trota’ nel corpo) facciamo rientro a Cogne, doccia, cena e brindisi al ferragosto, accompagnati dalle barzellette di Alvise… (stendiamo velo pietoso…). Domani altro tappone, dolce si… ma pur sempre lungo.

 

Giovedì 16/08/2018

  • Da Cogne (1.540) al Rifugio Dondena (2.192) via Col Fenetre de Champorcher (2.827)
  • Dislivello: + 1.287 / – 635
  • Ore di cammino: 7.30 – Km: 22,5

Ore 6.00, suona la sveglia. Ci apprestiamo a vivere l’ultima giornata di intenso cammino, da domani… tutta discesa. Per completare il percorso abbiamo deciso di unire 2 tappe e farle in un unico giorno. Ci aspetta una camminata con salita dolce si, ma molto lunga. Ad inaugurare la giornata però ci pensa Valentina. La sua caviglia sinistra è il doppio della destra nonostante la terapia glaciale del torrente. Giovanni e Anna G preparano la fasciatura e Riccardo, novello principe azzurro, infila la scarpetta a Vale-Cenerentola.

Vogliamo toglierci sfizio di andare a visitare le cascate di Lillaz, ma solo dopo aver fatto la foto di rito sotto il Gran Paradiso (4.061). Le cascate sono suggestive, così come il nugolo di turisti chiassosi che le hanno colonizzate. In alcuni punti si fa fatica a passare.

Ci smarchiamo riprendendo il sentiero principale e facciamo la nostra apertura. Ripartiamo sempre costeggiando il torrente Urtier e scorgiamo delle pozze d’acqua cristallina che ci chiamano, ma il tempo è tiranno e la strada ancora lunga.

Facciamo sosta al capanno del guardia parchi a 2.160. Incredibilmente facciamo più fatica in questo lungo saliscendi che non sulle creste vertiginose. Proseguiamo e decidiamo di fermarci una volta visto il rifugio Sogno di Berzè (2.530). Pranziamo per pattuglia sotto un sole cocente mitigato da una brezzolina frizzante. Ripartiamo e facciamo sosta al rifugio per un caffè ed un wc pit-stop.

Ci manca l’ultima salita, sono 300 metri di dislivello, praticamente 55 minuti. La voglia di arrivare ed il pasto ci corroborano e ci danno modo di trovare la forza di salire ancora più velocemente del solito. I primi ci mettono 35 minuti per arrivare in cima, nonostante gli zaini e la fatica. Ci lascia a bocca aperta intravedere in lontananza il col Loson… eravamo li… Foto di gruppo e poi ripartiamo che tira un po’ troppa aria.

Il cuore è leggero e le gambe vanno da sole. Arriviamo velocemente al lago di Miserin e dopo una foto ripartiamo cantando e chiacchierando.

Arriviamo al rifugio Dondena (2.192) dove pernotteremo, ma in tenda, non ci sono posti letto. Ci sono invece i posti a tavola. Cena alle 20.30 dopo esserci lavati ed aver montato le tende, fuori cala la sera, dentro sale lo spirito… Affettati misti e formaggi valdostani, quindi polenta ‘concia’ e salsicce sono la giusta ricompensa per tanta fatica. Poi veglia alle stelle (qualcuno si è addormentato) ed un bicchiere di the caldo ristoratore. Ora tra le braccia di Orfeo.

  

Venerdì 17/08/2018

  • Dal Rifugio Dondena (2.192) a Pont-Saint-Martin (348) via Chardonney (1.444)
  • Dislivello 1^parte: + 0 / – 748 – Dislivello 2^parte: + 109 / – 102
  • Ore di cammino: 2.40 – Km: 11,2

 

 

La notte ha portato un po’ di pioggia, giusto per sentire il lieve ticchettio delle gocce sulla tenda. Ci svegliamo e facciamo colazione. Cielo bigio per l’ultima discesa. Pieghiamo le tende ancora umide e ci mettiamo in cammino dopo aver ringraziato Loris, il gestore del rifugio, per averci fatto un prezzo di superfavore. La discesa è subdola in quanto umida e scappa qualche scivolone, ma per fortuna nulla di grave. Giungiamo infine a Chardonney (1.444)(da non confondersi con ChardonnAy il vino…) dove abbiamo il tempo di aspettare chi ha malauguratamente preso il bivio sbagliato lungo il sentiero (per fortuna arrivava allo stesso punto) e per fare la spesa per il pranzo in un negozietto che sembra il paese dei balocchi, carico di dolciumi e leccornie. Arriva il bus e… deja-vu sembra proprio il bus del secondo giro in Romania dove avevamo viaggiato stipati come sardine. Appena l’autista apre le porte Alvise si sincera sul numero massimo di passeggeri trasportabili… 18, fiuuu. Scendiamo per una strada di montagna ed al secondo tornante Silvia da cenni di nausea. L’autista, una persona disponibilissima e felice di vedere tanta gioventù, cerca di confortarla. Ci racconta la leggenda di Pont-Saint-Martin e ci porta fino a Bard (400), località celebre per il suo forte a terrazze, e lungo la via Francigena.

Dopo aver pranzato riprendiamo il percorso lungo la via francigena affrontando una salita ed una discesa ripidissima dove Francesca dà sfoggio del suo personalissimo modo di camminare di ¾. Passiamo sulla strada romana delle Gallie e il suo arco e costeggiamo la statale che ci porta direttamente a Pont-saint-Martin (348).

Destinazione la chiesa di San Lorenzo e più precisamente la sede scout del gruppo del paese (in valle d’Aosta ci sono in tutto 4 gruppi scout). Ci sistemiamo e mettiamo le tende ad asciugare. Tempo di deserto e di verifica del proprio punto della strada. Appuntamento per cena comunitaria e per brindare assieme. Tiriamo quasi le due tra canti e giochi con un mega partitone a “Maragià” dove la prestanza dei maschietti lascia impallidire le signorine nonostante qualche piacevole sorpresa nel ‘corpo a corpo’. I più ardimentosi optano per una notte all’addiaccio al solo riparo di una terrazzino.

 

 

Sabato 18/08/2018

  • Da Pont-Saint-Martin (348) a Scorzè (16)
  • Dislivello: + 0 / – 0
  • Ore di cammino: 0.10 – Km: 1,3

E’ il momento di fare ritorno. Il tempo di pulire le sedi, fare un photobombing al matrimonio e poi via, quasi di corsa fino alla stazione. Si torna a casa. La stanchezza ci coglie non appena saliti in carrozza e il dolce cullare del treno ci suggerisce un sonnellino ristoratore. Arriviamo a Mestre alle 17:30 e troviamo un po’ di genitori ad attenderci. Il campo è finito, la voglia di stare assieme…. appena iniziata.

 

 

ROUTE IN CIFRE

Partecipanti: 16 + 2

Strada percorsa: 85,7 Km

Ore di cammino: 29h10’

Dislivello: + 4.614 m / – 4.885 m tot. 9.499 m

Nr. Strisciate bancomat Anna: 4

Lt. Acqua consumati in media x bere al giorno: 2,5

Buste knorr consumate: 24

 Cosa mi ha lasciato la route….

“Dire che il clan era preoccupato prima di partire é poco. Nonostante le settimane (anzi mesi) passati a pianificare questa Route la tensione era alta vista la fatica che ci aspettava, l’essenzialità dell’equipaggiamento che per il nostro bene dovevamo rispettare, e il brutto tempo che il meteo ci anticipava. MA con grande sorpresa questa altavia n. 2 si é rivelata un’avventura incredibile.
Migliaia di metri di dislivello tra salite e discese sono diventati nostri compagni fedeli già dopo un solo 1 giorno di cammino…il poter condividere con gli altri sudore , fatica e fiato corto hanno reso tutto più intenso e magico. Paesaggi mozzafiato, animali selvatici e persone accoglienti erano all’ordine del giorno. Tante stelle, tanti sorrisi ma anche tante lacrime…la route é un po’ come la vita: qualsiasi sia il tuo percorso sono le persone che ti circondano a renderlo un’esperienza unica.” <Erika>

“Questa route, per me, ha avuto lo stesso significato di una fuga dalla noia della quotidianità e dalla pigrizia dei giorni estivi. Ogni scalata rappresentava una prova verso la mia tenacia e ogni meta una tappa fondamentale di un viaggio non solo concreto, ma anche astratto e ideale. Ho anche scoperto che la fatica non è un ostacolo, ma uno stimolo da ricercare – e se non la si può più sopportare- un amico con cui parlare o un paesaggio mozzafiato da ammirare possono scacciare ogni dolore. Non dimenticherò mai questo viaggio.” <Gioele>

“Questa route mi ha lasciato tanto. Luoghi momenti persone. Mi ha lasciato solo quando avevo bisogno di riflettere su me stesso, mi ha fatto apprezzare a pieno la natura, mi ha fatto ridere, ascoltare, capire, apprezzare e comprendere. Questa route mi ha fatto vivere a pieno la gioia di stare con gli altri.” <Luca>

“Della route mi ricorderò per sempre il vedere in lontananza uno di noi che tornava indietro per aiutare gli altri a portare lo zaino, i pianti una volta arrivati in cima, il sostegno durante la camminata, i pasti fatti assieme come una famiglia e per ultima cosa, ma non meno importante i canti a squarciagola nonostante la stanchezza.” <Silvia>

“La cosa che più mi ha sorpreso di questo campo è l’essere partita titubante della fatica, del riuscire ad affrontare e superare i miei limiti per poi ricredermi di tutto ciò che avevo pensato, delle mie paure ed arrivare ad affermare che questo è stato il mio campo migliore. Ho provato sulla mia pelle che la fatica, se fatta insieme è meno pesante; che è proprio vero che gli scout sorridono e cantano (soprattutto i Rumatera) anche nelle difficoltà. Ho scoperto quanto un abbraccio o una parola detta al momento giusto possano essere efficaci! Sono orgogliosa di quello che abbiamo fatto e di come lo abbiamo fatto” <Linda>

“Questa esperienza ci ha messo alla prova da subito. Ancora prima di iniziarla dovevamo sceglierla come nostro campo, e sapere che sarebbe stato tanto tosto, ci spaventava molto.
Non partivamo allenati, ma volevamo fare STRADA, era una cosa che sentivamo ci poteva servire: strada è il miglior modo per fare comunità e così è stato.
Ancora oggi sono stupita di come non abbiamo mollato, di quanto era bello arrivare in cima e vedere arrivare tutti uno dietro l’altro. Avere di fianco un amico e riuscire a rimanere in silenzio, perché si è senza fiato per la fatica o per il paesaggio è una cosa che non capita tutti i giorni, però serve, ed è una cosa grande perché ti fa mettere in ascolto di quello che ti circonda e di come stai, in che momento sei nella tua vita.
Non posso far altro che ringraziare il mio clan, per la tenacia che ha avuto, per il mettersi in gioco, per il “sorridono e cantano anche nelle difficoltà” . Non sarei mai tornata indietro. Come ogni campo mi ha messa molto in discussione ed è un esperienza che mi ha fatta crescere. Porterò tutto nel cuore. Grazie zorzetti” <Valentina>

“’La route non può essere un campo di servizio, perché route significa strada’.
A volte è difficile, faticoso guidare un clan senza imporsi, rispettando la volontà dei ragazzi. L’obiettivo quest’anno era chiaro: fare comunità facendo strada, faticando insieme, spingendoci oltre quelli che ci sembrano limiti impossibili da superare.
Probabilmente il clan ha scelto la route in Valle d’Aosta a causa di un cazziatone che feci al momento della votazione: fui convincente, ma sapevo che se il campo non fosse andato come speravo, rischiavo il linciaggio.
E invece la route ha ripagato ogni fatica che ho vissuto come capo. La fatica fisica della strada è stata una compagna di viaggio che mi ha fatto camminare a fianco dei più lenti, anche perché tra i più lenti c’ero anch’io. Ho amato i miei compagni di viaggio e mi sono sentita amata soprattutto da chi poteva camminare veloce e invece sceglieva la mia lentezza. Ho amato la sensazione di fiducia nei confronti del mio compagno di staff, pur a distanza di molti passi, sapevamo entrambi che stavamo custodendo i ragazzi come qualcosa di prezioso, senza presunzione, solo mossi dallo spirito del servizio.
Ho assaporato la bellezza del Creato attraverso le montagne e gli animali selvatici che camminavano con noi, che non avevano paura di noi, ma si lasciavano ammirare.
Faceva freddo, mancava poco a raggiungere la vetta più alta, la vetta più dura per me. In tutto quel freddo il Clan ci stava aspettando emozionato, il gruppo dei più lenti era finalmente arrivato in cima e la comunità era di nuovo tutta insieme, unita più che mai. Faceva freddo ma in un abbraccio ho sentito il calore di Dio.” 
<Anna G.>

“Quest’anno col  clan è stato come un giro sulle montagne russe e la preparazione del campo.. non è stata da meno. Abbiamo rischiato e li abbiamo ‘spinti’ ad osare, a mettersi un po’ più in gioco, ad andare oltre alle loro certezze e sicurezze, a puntare sul gruppo; …ma quando ci hanno fatto vedere dove li portava il loro sogno, là, in alta montagna… beh, forse ci avevano preso un po’ troppo sul serio sul ‘puntare in alto’. E invece è stata un’avventura indescrivibile. E’ rinata una comunità;  si viaggiava all’unisono con la massima attenzione e cura l’uno per l’altro.. e gli obiettivi  che io ed Anna avevamo sperato per i nostri ragazzi sono stati raggiunti. Se avessi voluto immaginare una route mobile.. si, l’avrei immaginata proprio così,.. una route dove la Natura ti accoglie generosa e ti spinge a superare i tuoi limiti, dove lo sguardo benevolo del Signore ti accompagna proteggendoti anche nei tratti più esposti, dove la comunione ti fa sentire accolto e amato. Quello che le parole non riescono ad esprimere, il Silenzio lo custodisce e il Ricordo ne fa tesoro, e lo sguardo del tuo compagno, stanco ma felice, è manna che sazia nel cammino. E’ stato il nostro “into the wild”, dove perdi le tue piccole certezze di tutti i giorni per ritrovarti.. più maturo e consapevole.” <Alvise>

“Dopo un anno sottotono, con parecchie assenze e, per questo, anche qualche sentimento di esclusione dal clan, la route estiva in val d’Aosta è stata un momento per reinserirmi, per riuscire a ritrovare il mio posto nel gruppo. Un contributo importante l’ha dato la Strada fatta, poiché durante la fatica ognuno si è messo a nudo: l’essenza di una persona si vede nei momenti di bisogno, di difficoltà. Emblema dell’armonia che siamo riusciti a creare è stata la giornata “comunitaria”, dove ognuno si è messo a disposizione degli altri e si è creata una fantastica sinergia. Questa route è stata fondamentale anche per il mio percorso personale, infatti lungo il cammino ho avuto modo di riflettere sulla mia vita e su alcune scelte imminenti. Inoltre arrivare in cima e, guardando indietro, vedere le montagne scalate nei giorni precedenti è stata un’emozione unica: mi sono resa conto delle mie capacità e di quelle del clan, da lassù sembrava che avessimo compiuto un’impresa impossibile.” <Mariangela>

“Beh, che dire di sta route… È stato un cammino fantastico pieno di fatica e impegno, ma allo stesso tempo anche pieno di energia positiva e gioia, dove tutti si mettevano in gioco per tenere alto l’umore del clan anche nelle situazioni critiche, per esempio i canti a 3000 m e come non dimenticarsi dei vari scarponi diversamente resistenti. Questa route ha lasciato un segno indelebile nella mia vita e non penso di dimenticarla facilmente, grazie al gruppo che si è formato e grazie a tutte le strade immerse nella natura e quindi ottime per isolarti e pensare a sé stessi, sentendo cosa c’è veramente all’interno di noi.” <Andrea>

Questa prima route con il clan mi ha donato la felicità e la fraternità tipica di un famiglia. Il clan È un famiglia e i ragazzi più grandi sono miei fratelli e sorelle. Quando si porta assieme la fatica di un cammino impervio è naturale creare legami di questa importanza. Un’avventura che non vedo l’ora di ripetere.” <Asya>